Il tema dell’aborto è allora usato solo come un simbolo di appartenenza, una maglietta, per alcuni facile da indossare perché non li riguarda, proiettato su altri per innalzare l’asticella della morale, unitamente alle disposizioni in materia sessuale, oltre l’umana e razionale possibilità. Non per pretenderne una impossibile osservanza ma per determinare una condizione di dipendenza dell’individuo, diretta conseguenza di un senso di colpa artificiosamente indotto da quella definizione di peccato.
E’ di qualche giorno fa l’ultima discesa in campo del Vaticano e dei Vescovi italiani a favore della destra in occasione delle elezioni regionali del 28 e 29 marzo: “Il monito dei Vescovi. Il voto sia contro l’aborto”.
Più che semplicemente a favore di Berlusconi, l’intervento dei Vescovi italiani è calato totalmente nel duello in atto nel Lazio dove una delle contendenti, la radicale Emma Bonino, è storicamente la paladina delle lotte per il riconoscimento alle donne della libertà di abortire.
Solo che qui non sono in ballo questioni etiche che hanno poco a che fare con delle elezioni amministrative ma, piuttosto, l’influenza che il Vaticano intende preservare e rafforzare, grazie a governi regionali amici, nei campi soggetti al proprio interesse, in particolare scuola e sanità. Nel Lazio la Polverini, la cui elezione sembrava scontata al momento della candidatura, doveva essere la naturale garante di quegli interessi. Non importava che si circondasse di fascisti e di personaggi chiacchierati. Ora che quella vittoria non è più scontata, per la propria palese mediocrità e per i propri errori, per eventi inaspettati o ’indotti’ da qualcuno, era necessario correre in suo aiuto.
Dico la verità, sono sorpreso. Non pensavo possibile che la Conferenza Episcopale Italiana, la succursale italiana del Vaticano, nonostante tutto quello che ha combinato Berlusconi in questi anni e quello che è emerso in questi ultimi mesi, non esattamente interpretabile come testimonianza dei valori cristiani, esprimesse nuovamente le ’proprie intenzioni di voto’ per la destra.
Sono quelli che Monsignor Marcinkus trattava con Sindona e Calvi, sono quelli per i quali Andreotti e Gianni Letta possono assumerne il ruolo di principali interlocutori e referenti politici, sono quelli per cui il piduista Ortolani e l’utilizzatore finale di seminaristi Balducci diventano ’gentiluomini del papa’, sono quelli per cui Renatino De Pedis, l’assassino della banda della Magliana, può essere sepolto in una basilica.
Dalla lettura delle 19 pagine della prolusione con cui il cardinal Bagnasco ha aperto i lavori del Consiglio Episcopale e di cui riporto il nocciolo fondamentale, ciò che disorienta e francamente indigna è la gerarchia dei valori che vi viene affermata:
"In questo contesto, inevitabilmente denso di significati, sarà bene che la cittadinanza inquadri con molta attenzione ogni singola verifica elettorale, sia nazionale sia locale e quindi regionale. L’evento del voto è un fatto qualitativamente importante che in nessun caso converrà trascurare. In esso si trasferiscono non poche delle preoccupazioni cui si è fatto riferimento, giacché il voto avviene sulla base dei programmi sempre più chiaramente dichiarati e assunti dinanzi all’opinione pubblica, e rispetto ai quali la stessa opinione pubblica si è abituata ad esercitare un discrimine sempre meno ingenuo, sottratto agli schematismi ideologici e massmediatici. C’è una linea ormai consolidata che sinteticamente si articola su una piattaforma di contenuti che, insieme a Benedetto XVI, chiamiamo «valori non negoziabili», e che emergono alla luce del Vangelo, ma anche per l’evidenza della ragione e del senso comune. Essi sono: la dignità della persona umana, incomprimibile rispetto a qualsiasi condizionamento; l’indisponibilità della vita, dal concepimento fino alla morte naturale; la libertà religiosa e la libertà educativa e scolastica; la famiglia fondata sul matrimonio fra un uomo e una donna. È solo su questo fondamento che si impiantano e vengono garantiti altri indispensabili valori come il diritto al lavoro e alla casa; la libertà di impresa finalizzata al bene comune; l’accoglienza verso gli immigrati, rispettosa delle leggi e volta a favorire l’integrazione; il rispetto del creato; la libertà dalla malavita, in particolare quella organizzata. Si tratta di un complesso indivisibile di beni, dislocati sulla frontiera della vita e della solidarietà, che costituisce l’orizzonte stabile del giudizio e dell’impegno nella società. Quale solidarietà sociale infatti, se si rifiuta o si sopprime la vita, specialmente la più debole?"
Alcuni precetti morali, frutto di elaborazioni teologiche e non diretta emanazione degli insegnamenti evangelici, vengono anteposti ai fondamentali bisogni umani sui quali devono necessariamente fondarsi i valori religiosi.
Secondo questa visione la tutela dell’embrione, la scuola cattolica finanziata con il denaro pubblico, le scelte sessuali sono più importanti del rifiuto della mafia, incarnazione contemporanea del demonio, dei diritti sociali dell’essere umano che soli possono garantirne la dignità, delle morti causate dalla fame, dalla guerra, dal lavoro insicuro, dai respingimenti dei migranti. Si fa finta di non sapere che proprio la realizzazione di questi diritti considerati ’secondari’ - la giustizia, la libertà, il lavoro stabile, la legalità, l’inclusione sociale, l’accoglienza degli immigrati - è semmai la condizione indispensabile per dare corpo all’essenza dei valori cristiani e del messaggio evangelico.
Si fa finta di non sapere che l’aborto oggi riguarda principalmente donne immigrate, che i giovani spesso non hanno la possibilità di costruire una famiglia, coerente con la tradizione cattolica, per le difficoltà quasi insormontabili di trovare una casa e di assicurarsi un reddito certo. E che dunque andrebbero messi sotto accusa e si dovrebbero boicottare anzitutto quei politici che non sono capaci o non vogliono affrontare queste piaghe sociali.
Manca completamente la constatazione e la denuncia del modello culturale berlusconiano, imposto attraverso le sue televisioni (Rai e Mediaset), che nell’esaltazione dell’egoismo, della prepotenza, dell’apparenza esteriore, del consumismo, nega e distrugge alla radice la civiltà cristiana.
Il tema dell’aborto è allora usato solo come un simbolo di appartenenza, una maglietta, per alcuni facile da indossare perché non li riguarda, proiettato su altri per innalzare l’asticella della morale, unitamente alle disposizioni in materia sessuale, oltre l’umana e razionale possibilità. Non per pretenderne una impossibile osservanza ma per determinare una condizione di dipendenza dell’individuo, diretta conseguenza di un senso di colpa artificiosamente indotto da quella definizione di peccato.
Ancora una volta viene negato non solo il principio della laicità dello Stato (’dare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio’), secondo il quale una religione può certo indicare le proprie ‘leggi’ ma non può imporre che queste diventino leggi dello Stato estese a tutti i cittadini, ma soprattutto viene contraddetto il Cristo che cacciava i mercanti dal tempio, il Cristo che parla del buon samaritano, il Cristo che accoglie l’empia Maddalena e del non si può servire Dio e Mammona.
Ciò che non si riesce a rintracciare in questa gerarchia cattolica è il senso del bene comune, della giustizia, l’aspirazione sincera alle virtù della speranza e della carità, tragicamente tradite nei Centri di Permanenza Temporanea dei migranti e nella vicenda di Eluana Englaro.
“Non guardare ai nostri peccati, ma alla fede della tua Chiesa” così recita il Credo invocato dai fedeli durante le funzioni religiose.
A ben vedere esso esprime, unitamente al sacramento della Confessione, la pretesa inaccettabile che l’adesione verbale a determinati principi e valori sia più importante della testimonianza concreta realizzata dal credente con i propri comportamenti.
In ogni caso va garantito al Vaticano ed ai Vescovi il diritto di sostenere queste posizioni, di appoggiare qualsivoglia candidato o partito o coalizione elettorale. Sarebbe però opportuno che, trattandosi di un ’soggetto’ che persegue interessi economici e politici privati, ad esso non fossero destinati i soldi dei contribuenti, quell’otto per mille del gettito IRPEF (in soldoni alcuni miliardi di euro) che, soprattutto in un periodo di grave crisi economica, potrebbero essere più utilmente e cristianamente usati a fini sociali e nell’interesse dell’intera collettività.
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