Riceviamo e pubblichiamo la storia di un docente di religione 53enne, che racconta la sua esperienza di docente di religione doppiamente precario.
Per la scuola, con una nomina garantita ma rinnovata di anno in anno.
E per la Curia, che tiene i 'suoi' insegnanti sempre sotto osservazione.
«Noi insegnanti di religione abbiamo la spada di Damocle della nostra Curia: in qualsiasi momento possono decidere di toglierci l'abilitazione», racconta preoccupato Gianni, professore 53enne di Treviso.
Gianni ci ha chiesto di non svelare il suo cognome per non avere problemi con l'ufficio scuola diocesano, dove le gerarchie ecclesiastiche decidono della sua vita professionale con
gli strumenti della dottrina cattolica.
Lui ha iniziato non per vocazione, ma per necessità.
Dopo il liceo aveva bisogno di lavorare e con qualche ora di un corso di teologia (organizzato in casa dalla diocesi) è stato catapultato nelle aule.
Oggi esiste un corso di laurea in scienze religiose che prepara alle lezioni frontali.
La carriera con la bibbia&libri di testo é sì in discesa, ma sconfina pesantemente nella propria vita privata.
Per chi insegna e incappa in un divorzio o convive senza essere sposato il placet del vescovo è praticamente impossibile.
Così anche Gianni vive con un altro assillo: è infatti uno dei pochi che in Veneto non ha passato il concorso del 2003 che ha stabilizzato quasi tutto il corpo docente.
La sua personale spada di Damocle è doppia: per la scuola è un precario, con una nomina garantita ma rinnovata di anno in anno, e per la Curia sempre sotto
osservazione.
Perché Gianni insegna religione a modo suo: «Nonostante le indicazioni della Cei e gli accordi sottoscritti con il ministero dell'Istruzione, la stragrande maggioranza di noi non fa lezioni
di catechismo, ma piuttosto un confronto tra le religioni.
Scrivi commento