Se per pontifex il femminocidio diventa argomento ampolloso e risonante, giudicandolo retorico, dall'altro andiamo a vedere il significato di retorica: nella tradizione scolastica dei Gesuiti, una delle classi dell’insegnamento medio dopo le tre classi di grammatica e prima di quelle di umanità e di filosofia.
Ma l'etimologia per certi aspetti ha a che fare con il senso logico della frase.
Leggendo un articolo redatto da tale Bruno Volpe, proprio sul sito ufficiale (leggi), si scorge come questi, in linea con
la politica secolare e discriminatoria vaticana, critica subito i mass-media che danno voce ad un fenomeno reale e purtroppo esistente, tentando di sminuirlo alludendolo ad un'errore qualora
questi venga proposto come reato a norma di legge.
Lo stesso Volpe, fa leva sull'Articolo 3 della Repubblica Italiana, primo comma:
« Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali » |
Nel caso particolare di omosessuali, bisessuali o transessuali il divieto di discriminazioni fondate su «condizioni personali» sembrerebbe costituzionalmente sancito.
Tornando a noi, anzi all'articolo redatto dal Volpe, tenta vanamente di far cadere le colpe dei femminocidi sui problemi sociali, morali ed economici degli eventi, di certo ogni situazione va
contestualizzata, ma sempre di crimine e reato si tratta.
Ma da qui, è arrivato davvero a toccare il fondo, abusando di moralismo demagogico e discriminatorio che si arrangia ad un concetto talmente primitivo che non è più proponibile, ma che andrebbe
assolutamente censurato.
Il suo nostalgismo fa riferimento a delle epoche in cui la donna era angelo del focolare, si curava dei figli, usciva di meno, teneva poco alla carriera, esisteva pace in famiglia, e qui il Volpe ha messo proprio da parte o disconosce la normativa europea che definisce il principio di pari opportunità come l’assenza di ostacoli alla partecipazione economica, politica e sociale di un qualsiasi individuo per ragioni connesse al genere, religione e convinzioni personali, razza e origine etnica, disabilità, età, orientamento sessuale.
La discriminazione basata su religione o convinzioni personali, handicap, età o tendenze sessuali è proibita in tutta l'Unione europea poiché può pregiudicare il conseguimento degli obiettivi del trattato CE, in particolare il raggiungimento di un elevato livello di occupazione e di protezione sociale, il miglioramento del tenore e della qualità della vita, la coesione economica e sociale, la solidarietà e la libera circolazione delle persone.
Denuncia che questa ondata di violenza è scoppiata da quando la donna ha preteso di avere un eccesso di vita autonoma, spesso infischiandosene della famiglia, dei doveri coniugali e arrivando persino al libertinaggio sessuale!!!
Violentare una donna è un atto volgare, criminale ed efferato, ma se una bella ragazza alle due di notte, orario di ubriachi e drogati, chiede un passaggio in minigonna o perizoma, se lo va a cercare, il guaio. Infine.
Tutti parlano del femminicidio.
Prescindiamo dal concetto che la minigonna è un abito molto sensuale e che il perizoma sia un abito intimo non paragonabile ad una minigonna, non credo sia giustificabile il fatto di violentarla
per un semplice abito, perche caro Volpe, durante il periodo estivo tutte le donne vestono semi-nude, invece del costume indossato in spiaggia?
L'uomo dovrebbe violentare le donne anche in spiaggia?
O è giustificato che alle due di notte nessuno lo vede e può fare ciò che vuole magari perchè si presume che sia sotto l'effetto di alcool o stupefacenti?
Apriamo l'altro capitolo dell'aborto, che non è altro che un'interruzzione prematura di una gravidanza.
In Italia, si definiva, in passato, come aborto un'interruzione della gravidanza avvenuta entro il 180º giorno dal concepimento.
Attualmente tale indicazione in medicina è superata, e si preferisce indicare con tale termine l'interruzione della gravidanza in cui il feto non abbia raggiunto un peso minimo di 500 grammi all'atto dell'espulsione o estrazione dal corpo della donna, oppure, se il peso non è conosciuto, che non abbia raggiunto la 22ª settimana di gestazione o in alternativa l'altezza di 25 cm.
L'aborto dal punto di vista cattolico.
I cattolici, sulla base di riferimenti scritturali e apostolici, hanno sempre considerato la vita un dono del Signore, e dunque un bene in sé di cui all'uomo non è dato disporre: ne consegue che l'aborto, in quanto scelta volontaria dell'uomo volta a impedire lo sviluppo della vita, equivale ad un omicidio ed è considerata peccato mortale gravissimo, in quanto con questa scelta l'uomo si contrappone arbitrariamente alla volontà di Dio.
L'aborto nella cultura islamica.
La legislazione islamica considera il nascituro fruente pienamente dei diritti dell'uomo dal momento in cui sia avvertibile il battito cardiaco.
Da questo momento in poi - fissato a partire dal 120 giorno di gestazione - l'aborto non è permesso se non per motivi di accertato pericolo di vita della madre.
Fino a quando invece il battito non sia avvertito il feto non è considerato essere umano perfetto ed è quindi lecito ricorrere all'interruzione volontaria della gravidanza.
L'aborto nell'antica grecia.
Nell'Antica Grecia e nell'Antica Roma si ha una società di tipo patriarcale; l'aborto era comunemente praticato, soprattutto per figli nati da relazioni extra coniugali.
L'aborto nell'antica Roma.
Nella civiltà romana era molto sentita la patria potestas, ed un uomo poteva liberarsi di un figlio indesiderato semplicemente non riconoscendolo.
La pratica era così diffusa che lo storico Dionigi sentì il dovere di tramandare una legge secondo cui un uomo romano era tenuto a riconoscere almeno la prima figlia femmina che aveva.
Questo per evitare che troppe femmine venissero abbandonate sulla strada, dove restavano finché un mercante di schiavi non decideva di venderle. Era infatti proibito raccoglierle.
Negli ultimi due secoli l'aborto assume varie connotazioni, diventa delitto contro la persona, contro l'istituzione del matrimonio, contro lo Stato e la Stirpe (legge Rocco del 1930), ma non è ancora concepito come omicidio.
Con la rivoluzione sessuale, gli anni settanta e le manifestazioni femministe, si assiste invece alla legalizzazione dell'aborto, nel primo trimestre di gravidanza; i movimenti antiabortisti, promossi e sostenuti dalla Chiesa, iniziano invece a paragonare esplicitamente l'aborto a un omicidio.
Conclusione:
Siamo davvero davanti ad un irresponsabile infanticidio causato da immaturità, immoralità e visione libertina del mondo?
Come descrive Volpe.
O siamo davanti ad un'invasione da parte dei moralisti cattolici che non tutelano il femminocidio arrampicandosi sugli specchi e giudicando l'interruzione di gravidanza, che di certo non sta a
loro decidere, come reato, sopratutto se fa riferimento ad un loro libro scritto chissà da chi, chissà quando e chissà quante tramandazioni ha avuto nel tempo?
Conta più uno stupido libro o la volontà di un essere umano?
Luciano Surace
Presidente UAER
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