Il paragone che voglio farti qui, lettore, è tra “un concetto astratto utile” e “un concetto astratto inutile”, oltre che nocivo.
Il concetto matematico, che prendo come esempio, è anch’esso un concetto creato dal nulla, proprio come quello religioso. Solo che tra i due c’è un abisso.
La matematica, anche se è un concetto astratto, è un concetto astratto utile, anzi molto utile, particolarmente nella formulazione logica e nel campo scientifico.
Comunque, piaccia o no, la matematica appartiene anch’essa alle creazioni inventate, alle creazioni pure, anche se, per Galileo Galilei, la natura è scritta in formule matematiche.
Io, però, negli atomi, nelle molecole, nei pezzetti di carne che ci compongono, non ho mai visto un numero, una formula matematica. Of course, io non sono un Galileo!
In ogni caso, per me, come l’Indifferenza divina non ha concetto fisico, così la matematica; come l’Indifferenza divina è schiava delle sue stesse affabulazioni, così la matematica è schiava delle sue stesse formule, equazioni, simboli. Della matematica, se togli i campi in cui essa viene applicata, non rimane niente; dell’Indifferenza divina, se togli tutte le invenzioni fantastiche, altrettanto.
Ambedue, in questo senso, sono realtà, sì, ma realtà vuote di contenuto.
Sono invenzioni astratte.
La matematica, però, è pur sempre un percorso logico, il più logico che l’uomo sia riuscito a crearsi, quindi positivo; l’Indifferenza divina è un percorso assurdo, il più assurdo che l’uomo ha abortito, quindi negativo: ecco cosa le distingue.
Per farti un esempio concreto, lettore, disegniamo un campo con 5 pecore e, accanto a loro, mettiamo il numero cinque: vuol dire che ci sono 5 pecore. Bene.
Se ora però togliamo il numero 5, le pecore rimangono, ma non il numero 5.
La realtà concreta, dunque, è rappresentata dalle pecore.
Dall’altro lato, quello religioso, nel campo, non puoi mettere dio né dèi né madonne, non esistono.
Puoi mettere le loro statue, ma siamo sempre lì, sono come i numeri, tratte dall’immaginario, non dalla realtà.
Girala come vuoi, lettore, dal nulla non può scaturire che il nulla.
Come Kant distrusse ogni speranza che andava verso il cielo, quando scrisse nella Critica della ragion pura: “Ora io sostengo che tutti i tentativi di un uso meramente speculativo della ragione in relazione alla teologia sono radicalmente infecondi, e, per la loro stessa natura intima, vuoti e vani”, p. 470, così Gödel e Turing hanno distrutto il paradiso dei matematici.
La matematica è pura forma, non si intuisce, si crea, come la religione.
La matematica, in fondo in fondo, paradossalmente, è un pensiero debole.
Una volta imparata una formula matematica, non hai che ripeterla per l’eternità: 1+1=2, 1+1=2, 1+1=2; l’area d’un cerchio la trovi moltiplicando il raggio al quadrato per 3, 14 ossia r . r. π; l’equazione che ha reso famoso Einstein: e=mc2, energia uguale massa al quadrato, o tutto è relativo, è e resterà sempre così, almeno fino a quando qualcuno non la smentirà.
La matematica non ha senso, può averlo per chi la scrive, la pratica e solo all’interno del suo mondo di numeri e simboli.
“La matematica è un sistema formale, scrive Bart Kosko ne “Il fuzzy-pensiero”.
Possiamo manipolare i simboli matematici pur senza comprendere cosa significano.
Possiamo limitarci ad applicare le regole sintattiche come fa un computer quando somma numeri o dimostra un teorema.
Il computer mostra la verità del teorema ma non ne ‘capisce’ il ‘significato’ ”.
Lo stesso si può dire per molti matematici e religiosi.
La gente ha paura della matematica, perché è una disciplina di cui bisogna imparare il suo gergo a memoria come il pappagallo impara a memoria le parole.
Spesso, però, i matematici sono dei poveretti che, fuori dal loro campo, non sanno fare un granché.
Dicendo questo, non vorrei farteli sembrare superficiali, lettore. Niente affatto.
Comunque, Einstein, tra l’altro, non sapeva contare gli spiccioli; Gödel, tra l’altro, finì più volte in ospedali psichiatrici; Bertrand Russell, che ha pur scritto “I principi della matematica”, non sapeva farsi una tazza di té.
Ecco, questi erano tre grandi matematici.
Questo prova, se non altro, che, se da una parte c’è tanta intelligenza, dall’altra c’è anche tanta inadeguatezza, rigidità, deficienza. Nessuno è perfetto!
Comunque, mio caro lettore, ci siamo capiti, no? dio, come abbiamo scritto nel precedente articolo, non soltanto non esiste evoluzionesticamente, storicamente e linguisticamente, ma non esiste neppure matematicamente.
Ti è chiaro ora il concetto di questo signor nulla?
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