Si sa, il denaro è lo sterco del demonio, ma può servire ad arare i campi del Signore.
E nessuno ha mai dimostrato di saperlo meglio rispetto ad Angelo Sodano, cardinale che nella storia della Chiesa verrà ricordato per aver chiesto durante il conclave come volesse essere chiamato, da Papa, l’appena eletto Joseph Ratzinger.
E anche per aver presentato le dimissioni da segretario di Stato un annetto dopo, per “sopraggiunti limiti di età”.
Verrà ricordato meno, invece, per altre imprese che gli vengono ogni tanto attribuite.
L’ultima, quella di aver avuto un ruolo nelle questioni dello Ior per la questione dell’antiriciclaggio.
Proprio quella che viene ricordata oggi a proposito dell’avviso di garanzia ricevuto dall’attuale presidente,Ettore Gotti Tedeschi, e dal direttore generale dell’Istituto per le Opere di Religione, Angelo Cipriani, e del sequestro di 23 milioni di euro ancora oggi bloccati su un conto di una filiale romana del Credito Artigiano.
La storia è ormai famosa: di mezzo c’è la movimentazione di 23 milioni di euro, depositati su un conto dello Ior presso il Credito e destinati alla J.P. Morgan Frankfurt (20 milioni) e alla Banca del Fucino (3 milioni).
Dal Credito chiedono la destinazione e il rispetto della normativa antiriciclaggio, dal Vaticano non rispondono neppure e allora la banca italiana fa partire la segnalazione alla Banca d’Italia, da cui parte l’indagine per riciclaggio in cui oggi i vertici operativi dell’istituto vaticano sono coinvolti.
Meno famosa è invece la curiosa circostanza che vuole che il Credito Valtellinese, la banca che possiede il Credito Artigiano da cui è partita la segnalazione a Bankitalia che ha fatto nascere l’inchiesta per riciclaggio, abbia come presidente un membro del consiglio di sovraintendenza dello Ior, uno dei due organismi che, insieme alla Commissione cardinalizia di Vigilanza (dove ci sono Tarcisio Bertone, Telesphore Placidus Toppo, Odilo Pedro Scherer, Jean Louis Tauran e Attilio Nicora), ovvero Giovanni De Censi, che condivide il posto nel Consiglio di sovrintendenza, con Ronald Schmitz, Carl Anderson e Manuel Soto Serrano; Massimo Tulli è il vice di Cipriani.
Così come meno nota è la circostanza che vuole Gotti Tedeschi pronto a precisare ai pm che non è sua una delle due firme presenti sui fax con cui venne ordinato di fare i bonifici e che l’altra è sicuramente di Cipriani.
Nel verbale il presidente dello Ior ipotizza che l’altra firma possa essere del vice-direttore Tulli.
Quindi aggiunge di avere saputo delle operazioni dal Sole 24 Ore:
“Io leggo su ‘Ventiquattr’ore’ di questa inadempienza, chiamo immediatamente Cipriani e tutto quello che da questo momento io so me lo ha detto Cipriani, d’accordo?”.
Gotti Tedeschi invita piu’ volte i magistrati a rivolgere le domande tecniche sul funzionamento dello Ior al dg.
“Se a me mancasse la confidenza e la fiducia in Cipriani, non saprei più a chi darla – sottolinea a un certo punto - In dieci mesi io non ho avuto il tempo di valutare anche la qualita’ delle persone, ho dovuto identificarmi dando fiducia a qualcuno, senno’ come fa un presidente a orientare le scelte strategiche di un’istituzione di cui nessuno sa niente, unica al mondo. Non si studia a scuola che cosa e’ lo Ior”.
D’altronde, il problema non sono solo i 23 milioni di euro, scrive il Sole 24 Ore:
Nelle 88 pagine del verbale, i pm incalzano Cipriani, domandandogli perché, da gennaio, la farmacia del Vaticano e i Musei Vaticani non depositino più i loro incassi nei conti della Santa Sede presso l’agenzia Unicredit di via della Conciliazione, che fino al 2009 movimentava circa 60 milioni di euro l’anno. «Il contante che entra – risponde Cipriani – non è più il contante che entrava una volta, adesso abbiamo adottato il limite di 5.000 euro per i versamenti. Non ne abbiamo di contante da depositare». Il pm insiste: «Ma che cosa è cambiato? Avete chiuso gli esercizi?». «Non ho chiuso nessun esercizio ma, ad esempio, i musei ricevono molti pagamenti per l’ingresso in via informatica. Non c’è più gente che va a versare il contante» ribatte il banchiere. Al quale i pm contestano anche di avere rilasciato dichiarazioni mendaci. Il 19 novembre 2009 avrebbe comunicato che una quarantina di assegni per 300mila euro provenienti da San Marino incassati sul conto Ior presso UniCredit (risultato intestato a monsignor Emilio Messina, capo dell’Arcidiocesi di Camerino-San Severino Marche) erano stati negoziati da tale Maria Rossi. Che dalla relazione ispettiva dell’Unità informazioni finanziarie (Uif) della Banca d’Italia risulta essere un nome di fantasia. Cipriani ha sostenuto di avere sempre agito in buona fede.
Cipriani è considerato molto vicino a Cesare Geronzi, il conto Unicredit da cui era partita un’altra indagine, sempre per riciclaggio, nei mesi scorsi, era originariamente appannaggio di un’agenzia della Banca di Roma.
Dalle indagini sul conto è emerso che quei soldi provengono da fondi di una banca di San Marino e che quello di Maria Rossi è un nome di pura fantasia.
Un mese prima, nell’ottobre 2009, presso una filiale di Intesa San Paolo sarebbe avvenuto un prelievo di 600mila euro in contanti senza che lo Ior avesse indicato la destinazione.
Su sollecitazione della banca, l’istituto vaticano avrebbe parlato di soldi per missioni religiose senza fare riferimento a natura e scopo dell’operazione.
Cosi’ Intesa San Paolo ha fatto la segnalazione all’Uif, avvertendo anche che nell’arco di un anno sono stati movimentati ben 140 milioni di euro in contanti.
Tra i tanti destinatari indicati dallo Ior come beneficiari di assegni c’e’ anche un nominativo, finito all’attenzione dei magistrati della procura di Perugia che indagano sulle irregolarita’ negli appalti sui Grandi Eventi: si tratta di quello di don Evaldo Biasini, economo della Congrega del Preziosissimo Sangue, indicato dalla stampa come Don Bancomat, il custode dei ‘fondi neri’ del costruttore Diego Anemone.
Chiedete a Cipriani, dice Gotti Tedeschi ai magistrati.
Gianluigi Nuzzi su Libero fa notare che le operazioni sono avvenute quando lui non era ancora il capo dello Ior, e al suo posto c’eraN Angelo Caloia.
E che la prassi seguita da Cipriani è la stessa dell’ordinaria amministrazione del suo predecessore.
Sempre Caloia.
In realtà, Gotti Tedeschi diventa ufficialmente presidente dello Ior il 23 settembre.
Ma il flatus vocis sembra inarrestabile: il “bazoliano” – così lo chiamano – Caiola sembra essere il capro espiatorio indicato, il responsabile delle scorrettezze che oggi hanno messo l’incolpevole Gotti Tedeschi nei guai.
Caloia bazoliano lo è davvero, se non altro perché lo è uno dei cardinali a lui vicini, quell’Attilio Nicora ancora nella commissione cardinalizia dello Ior, è buon conoscente di Nanni detto Abramo: come scrive il Foglio,
Fu anche lui, anni fa, quando ancora era vescovo ausiliare a Milano del cardinale Carlo Maria Martini, a dar vita a quel Gruppo cultura etica finanza che si contrappose a quella finanza laica che ai tempi era identificata con un solo nome: Enrico Cuccia. Del Gruppo facevano parte, oltre a Caloia, il giornalista Giancarlo Galli – che non a caso ha scritto per Mondadori nel 2004 il libro “Finanza Bianca. La chiesa, i soldi, il potere” – il gesuita GianPaolo Salvini (direttore della Civiltà Cattolica), Lorenzo Ornaghi (rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore) e il banchiere Giovanni Bazoli.
Caiola, però, non sembra essere quello che viene dipinto: delle sue idee riguardo il credito italiano, piuttosto nette, parla Sandro Magister su L’Espresso:
Caloia è parte di questa finanza bianca, è da lì che è venuto. Ma nel libro non la esalta per gli attuali trionfi. Anzi. La accusa d’aver venduto l’anima per ottenerli, d’aver smarrito la sua “identità cristiana”. La prova è nel coinvolgimento delle banche cattoliche nei colossali disastri di Parmalat, Cirio e simili: una “Caporetto etica” dalla quale invece, dice, è rimasto immune lo IOR. Partito isolato nella sua battaglia per ripulire e rilanciare la banca vaticana, Caloia lamenta oggi di ritrovarsi di nuovo solo, a far da baluardo di una finanza moralmente corretta.
E la logica ci dice che se è di Geronzi che si parla(va), le relazioni amicali dell’ex presidente dello Ior divergevano da quelle del suo direttore generale Cipriani, uomo di Sodano che prese il posto del suo ex direttore generale, Lelio Scaletti.
Ma soprattutto, dice Caloia a Ignazio Ingrao di Panorama, i suoi sforzi per l’adesione alla normativa antiriclaggio della banca vaticana sono stati frustrati da un oppositore indefesso: Angelo Sodano.
Caloia afferma di avere inviato ben tre lettere, nel corso del suo mandato, all’allora segretario di Stato Angelo Sodano per sollecitare l’adesione della Santa Sede alla normativa antiriciclaggio, e ha anche suggerito di tenersi in stretto contatto con il Gafi, il gruppo d’azione internazionale contro il riciclaggio.
E con il cambio di segretariato, perché Caiola non ha avvertito Bertone?
Perché l’ex prelato dello Ior Piero Pioppo, segretario personale di Sodano, ha fermato le comunicazioni tra consiglio di sovrintendenza e la vigilanza cardinalizia, rendendo impossibile l’approdo a Bertone della richiesta.
Appena arriva Gotti Tedeschi, Pioppo ‘vince’ un incarico di nunzio apostolico in Camerun, una fortuna che Caiola non aveva mai avuto.
Anche se l’operazione di pulizia di cui oggi Gotti Tedeschi si attribuisce il merito è cominciata da prima del suo arrivo: da diversi anni (almeno tre) non vengono aperti conti correnti a soggetti diversi dalle diocesi, gli enti religiosi e sacerdoti, di ogni ordine e grado, ed è forse proprio questo il momento di azzerare le gestioni passate.
Insomma, è sempre lui a essere protagonista.
Quando alcuni ex legionari che erano stati vittime di violenze sessuali sporgono denuncia canonica contro Maciel alla Congregazione per la Dottrina della fede, Sodano in qualità di Segretario di Stato fa pressioni su Ratzinger, in quanto prefetto della congregazione, perché fermi il procedimento.
Ma Ratzinger, al termine di una lezione di teologia ai Legionari, preferisce rifiutare l’obolo che gli viene offerto.
Eletto Papa, Ratzinger manda poi avanti l’istruttoria.
I ‘milionari di Cristo’ aprono anche il Pontificio Ateneo Regina Apostolorum, un’istituzione universitaria ecclesiastica, destinata al conferimento di titoli accademici ecclesiastici a laici e chierici, che sorge in una zona boscosa a ovest di Roma.
Nell’occasione, Maciel assume come consulente edilizio l’ingegner Andrea Sodano, nipote del Cardinale.
Non lavora bene, Andrea, i Legionari si lamentano e chiedono al loro padre fondatore se devono proprio pagarlo visto che non ha fatto niente.
“Assolutamente sì“, risponde Maciel.
Lo stesso Andrea segnalato poi in affari con Raffaele Follieri, l’immobiliarista nel frattempo finito in carcere negli Stati Uniti, e pronto a millantare (?) un’amicizia con il cardinal Sodano.
Una finissima testa diplomatica, come veniva dipinto quando era ancora in auge Oltretevere.
Ma anche con la finanza, a quanto si scopre ultimamente, non è che se la cavasse male.
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