Veleni, sospetti, dubbi: più si avvicina la data
dell’ elezione più s’avverte il fruscio dei dossier.
Più si avvicina la data del conclave, più s' avverte il fruscio dei dossier.
Veleni, accuse, maldicenze, episodi veri o soltanto verosimili, accenni neanche tanto velati a problemi di salute, affari familiari, relazioni pericolose.
C' è da attendersi che da qui a metà marzo, fino al momento in cui i 117 elettori del successore di Ratzinger si chiuderanno per scegliere il nuovo Pontefice, diversi «papabili» vengano presi di
mira.
Magari con accuse che pur dimostrandosi senza fondamento dopo qualche tempo, avranno ottenuto l' effetto di mettere in cattiva luce il candidato al Soglio.
Magari con informative passate da qualche fonte non propriamente disinteressata ai giochi nella Sistina.
Abbiamo già potuto leggere della facilità al pianto, e dunque dell'emotività che caratterizzerebbe due candidati di peso, il canadese Marc Ouellet e l'austriaco Cristoph Schönborn.
Di Ouellet più di un giornale ha ricordato anche la vicenda del fratello Paul, insegnante in pensione, condannato ad alcuni mesi di lavori socialmente utili per delle avances fatte a due ragazze negli anni Ottanta.
Come pure è stata prevedibilmente riesumata la voce già circolata otto anni fa sulla stampa, riguardante il cardinale Angelo Scola, che all'età di trent'anni si ammalò e venne curato in Francia.
Anche l'hondouregno Oscar Rodriguez Maradiaga, uno dei favoriti nei pronostici dell'ultimo conclave, è rientrato nel mirino: si è provveduto a ricordare che un professore di diritto dell'Harvard
University, qualche anno fa, lo ha accusato di antisemitismo per aver fatto cenno agli «ebrei» che si celerebbero dietro le campagne mediatiche contro la chiesa negli scandali della
pedofilia.
Alla vigilia del conclave del 2005 furono strategicamente rilanciate le vecchie accuse che il giornalista Horacio Verbitsky aveva mosso al cardinale Jorge Mario Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires, per la condotta da lui tenuta nella vicenda di due confratelli gesuiti sequestrati ed espulsi dall'Argentina al tempo della dittatura militare.
Accuse che Bergoglio aveva smontato nel libro «El jesuita» e che comunque non impedirono al porporato di ottenere una quarantina di voti, risultando così l'unico vero antagonista di Ratzinger.
Di dossier medico comprendente cartelle cliniche si era parlato otto anni fa in un quotidiano romano a proposito del cardinale Ennio Antonelli, uno dei «papabili» italiani, mentre ogni chance del porporato indiano Ivan Dias veniva allora bloccata dalle indiscrezioni sul suo diabete.
Alla vigilia dell'ultimo conclave si ripubblicò la foto di Joseph Ratzinger dodicenne con la divisa della Hitlerjugend: una circostanza della quale aveva parlato lui stesso, che peraltro non gli
precluse l'elezione.
Negli anni passati, per la verità, accadeva lo stesso.
Nel 1958, ci fu chi mise in giro indiscrezioni sui problemi di salute del patriarca di Venezia Angelo Roncalli.
Anche queste risultarono ininfluenti.
Una vera e propria operazione di dossieraggio avvenne invece nel giugno 1963, prima del conclave che elesse Paolo VI.
Ad esserne vittima, fu il cardinale di origini armene ma naturalizzato romano Gregorio Pietro Agagianian, già «papabile» all'elezione precedente.
I solerti agenti del SIFAR pedinarono la sorella Elisabetta Papikova e prepararono un fascicolo con tanto di foto che la riprendevano mentre varcava la soglia dell'Ambasciata dell'URSS.
Allora, in tempi di Guerra Fredda, il sospetto di relazioni pericolose con i sovietici avrebbe posato la pietra tombale su qualsiasi candidatura.
La povera sorella del porporato, in realtà, era andata soltanto a rinnovare il visto sul passaporto.
Andrea Tornielli - Città del Vaticano -
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