Quella che si è aperta pochi giorni fà in Australia è la più grande inchiesta sugli abusi sessuali ai minori mai avviata al mondo.
Una Commissione nazionale, istituita dal governo, indagherà a 360 gradi per almeno tre anni per quantificare l’entità del fenomeno degli abusi, individuare le responsabilità delle istituzioni e delle organizzazioni sia pubbliche che private e punire i colpevoli.
La Royal Commission, dotata dei massimi poteri di inchiesta, punterà ad accertare non solo le responsabilità dirette dei singoli, ma anche le omissioni, le coperture, le connivenze e le complicità da parte di vari soggetti: amministrazioni locali, forze di polizia, scuole, gruppi sportivi, associazioni di volontariato e caritatevoli come l’Esercito della salvezza, organizzazioni giovanili come i boy scout e soprattutto la chiesa cattolica.
Del resto la decisione del governo di dare vita alla Commissione d’inchiesta è scaturita proprio dal dilagare in Australia – uno dei Paesi maggiormente coinvolti nel mondo, insieme agli Usa e all’Irlanda – dello scandalo dei preti pedofili: le denunce da parte delle numerose associazioni delle vittime, le pressioni di molti parlamentari, la scoperta delle azioni di insabbiamento e di depistaggio messe in atto dalle gerarchie ecclesiastiche cattoliche per coprire i religiosi accusati di aver compiuto abusi e violenze sui minori hanno convinto il governo federale di Julia Gillard, nello scorso novembre, ad annunciare la costituzione della Commissione che ieri a Melbourne ha iniziato ufficialmente i lavori, cominciando l’analisi del documenti e ascoltando i primi degli almeno cinquemila testimoni – che potranno avvalersi di un servizio gratuito di consulenza legale – previsti da qui fino a tutto il 2015.
La Commissione – spiegano in un comunicato congiunto la premier laburista Gillard e i ministri della giustizia, Mark Dreyfus, e della famiglia, Jenny Macklin –, permetterà a «migliaia di australiani che hanno sofferto da bambini di riferire le loro esperienze e di esprimere sentimenti che molti portano ancora con sé in conseguenza del danno loro causato Il riconoscimento formale di questi torti è di enorme importanza, se vogliamo impedire che accadano di nuovo».
A finire sotto le lenti dei sei magistrati della Royal Commission sarà principalmente la chiesa cattolica, ai cui vertici il presidente, il giudice Peter McClellan, ha chiesto la consegna di una serie di documenti.
La Commissione non si muoverà al buio, dal momento che nel recente passato da parte delle istituzioni ecclesiastiche ci sono già state ammissioni di responsabilità ma anche tentativi di depistaggio: a Victoria – lo Stato dell’estremo sud-est continentale – i vescovi hanno confessato che oltre 600 bambini hanno subito abusi sessuali da parte di preti e religiosi dal 1930 ad oggi; e in New South Galles le autorità ecclesiastiche – a cominciare dall’arcivescovo di Sidney, card.
George Pell, che in più di un’occasione ha dovuto giustificare i propri comportamenti – sono state accusate di ostacolare le indagini, distruggere le prove e trasferire i preti pedofili per proteggerli dalle inchieste.
Inoltre in tutta l’Australia oltre 110 preti religiosi sono stati già condannati per abusi e violenze sessuali su minori.
Tanto che Ratzinger, durante il suo viaggio in Australia nel 2008, incontrò alcune vittime dei preti pedofili e chiese pubblicamente scusa per le colpe degli uomini di chiesa.
Dal Vaticano per ora nessuna reazione all’inchiesta australiana.
Ma il tema della pedofilia del clero sarà uno dei primi impegnativi banchi di prova per papa Bergoglio.
Luca Kocci
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