Com’era prevedibile, sulla copertina della mia guida turistica del Brasile c’è un’immagine del cristo redentore, la gigantesca statua che domina Rio de Janeiro.
Non sono ancora salita a visitare la statua, ma l’ho osservata da lontano.
Mi trovo a Rio perché un gruppo di giovani ebrei brasiliani ha scoperto di aver creduto a tutta una serie di bugie su Israele.
Non conoscevano la Nakba (l’esodo palestinese) ed erano convinti che Israele avesse sempre cercato la pace.
Pensavano che i palestinesi fossero trattati bene e che l’occupazione fosse casuale.
E così mi hanno invitata per contribuire al loro percorso di ricerca della verità.
Alcuni esponenti della comunità discendono da ebrei cacciati dalla Spagna e dal Portogallo a partire dal 1492.
Altri appartengono a famiglie fuggite dalle persecuzioni in Russia e in Polonia.
Molti sono figli e nipoti delle vittime dell’Olocausto, e altri ancora sono arrivati dall’Egitto.
Oggi fanno tutti parte di quella società di immigrati che è il Brasile, o per essere più precisi della società di immigrati-coloni-schiavi liberati, perché non bisogna dimenticare gli abitanti indigeni di queste terre decimati dalle guerre e dalle malattie portate dall’uomo bianco.
Gli ebrei brasiliani avrebbero potuto andare a vivere in Israele, ma hanno preferito continuare la tradizione della diaspora.
Come il Cristo redentore, Israele ha proteso le sue braccia per accoglierli, diventando parte della loro identità di ebrei, ma non la loro casa.
Amira Hass
Traduzione di Andrea Sparacino
Internazionale, numero 997, 25 aprile 2013
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