Lo Ior? È necessario, ma «fino ad un certo punto».
Lo ha detto papa Francesco, nella breve omelia “a braccio” durante la messa che celebra tutte le mattine nella chiesetta interna alla casa s.Marta, la residenza dove ha scelto di abitare al posto dell’appartamento pontificio.
Nelle riunioni pre-conclave il cardinale africano John Onaiyekan si era spinto molto più in là: «Lo Ior non è essenziale al ministero del papa – aveva detto –, non credo che s.Pietro avesse una banca.
Lo Ior non è fondamentale, non è sacramentale, non è dogmatico».
Tuttavia le parole di Bergoglio suonano ugualmente inusuali: «Quando la chiesa vuole vantarsi della sua quantità, moltiplica gli uffici e diventa burocratica, perde la sua principale sostanza e corre il pericolo di trasformarsi in un’organizzazione», ha spiegato il papa.
Certo, «ci sono quelli dello Ior… scusatemi…», ha aggiunto rivolgendosi direttamente ad alcuni dipendenti della banca vaticana che partecipavano alla messa, «tutto è necessario, gli uffici sono necessari, ma sono necessari fino ad un certo punto».
Sono di «aiuto» alla chiesa, «ma quando l’organizzazione prende il primo posto, l’amore viene giù e la chiesa, poveretta, diventa una ong. E questa non è la strada».
Bergoglio non intende chiudere l’istituto di credito, questo è certo, nonostante la tendenza, piuttosto acritica, ad interpretare in chiave rivoluzionaria ogni parola del papa.
Lo Ior resta indispensabile per l’esistenza stessa del Vaticano: lo scorso 12 aprile, durante la riunione della Commissione cardinalizia di vigilanza della banca, è stato deciso l’accantonamento «a sostegno del ministero apostolico» del papa di una cifra che dovrebbe aggirarsi – i bilanci della santa sede verranno resi noti solo a luglio – intorno ai 50 milioni di euro.
Una iniezione di liquidità vitale per le casse vaticane.
Improbabile quindi che lo stato pontificio si voglia suicidare chiudendo lo Ior.
Più probabile invece che le parole di Bergoglio abbiano una doppia funzione: gettare acqua sul fuoco sulle notizie di stampa che nei giorni scorsi hanno ancora una volta reso pubblici i veleni che circolano nei corridoi della banca e anticipare una riforma che secondo molti comunque ci sarà, anche perché entro l’anno Moneyval, l’organismo di controllo antiriciclaggio del Consiglio d’Europa, procederà ad un nuovo esame per decidere se ammettere il Vaticano nella white list dei Paesi virtuosi.
Alla fine della scorsa settimana sono stati infatti resi noti alcuni stralci del memoriale segreto che l’ex presidente delle Ior Gotti Tedeschi aveva affidato a persone di sua fiducia perché lo diffondessero nel caso gli fosse capitato qualche «incidente»: un diario che delinea uno scontro interno al Vaticano che avrebbe avuto come principale protagonista il cardinal Bertone e i suoi uomini di fiducia, decisi ad esercitare un controllo assoluto sullo Ior, estromettendo lo stesso Gotti Tedeschi, che in effetti nel maggio 2012 viene liquidato bruscamente dalla presidenza della banca vaticana.
Insomma un clima e una situazione da “notte dei lunghi coltelli” che Bergoglio cerca di stemperare.
Con le parole, per ora, in attesa di una riforma annunciata (anche il coordinatore del gruppo degli otto “saggi” appena nominati dal papa, il cardinal Maradiaga, ha detto che «lo Ior potrà essere riformato») ma non ancora avviata.
Fatta eccezione per una misura da spending review: il taglio dell’indennità aggiuntiva di 2.100 euro al mese per i cinque cardinali della Commissione di vigilanza sullo Ior.
Gli resterà "solo" l’assegno mensile di 5mila euro, che spetta a tutti i cardinali della curia romana.
Luca Kocci
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