Continua a diminuire la quota dell’8 per mille che i contribuenti italiani scelgono di destinare alla chiesa cattolica.
La flessione è minima, ma costante, ormai da diversi anni, come consta dai dati disponibili quest’anno relativi alle dichiarazioni dei redditi dell’anno 2010: la percentuale di coloro che hanno firmato per la chiesa cattolica è stata pari all’82,01%, quasi 1 punto in meno rispetto all’anno precedente, quando la percentuale (sulla base delle dichiarazioni del 2009) era dell’82,92%, pari ad un calo delle entrare di 116 milioni di euro.
Il presidente della Conferenza episcopale italiana, card. Angelo Bagnasco, minimizza: «Questo calo è frutto più di una diminuzione del reddito complessivo degli italiani che non di una scelta dei contribuenti. Infatti, il numero di coloro che hanno destinato l'8 per mille alla Chiesa cattolica è diminuito in maniera quasi impercettibile, dello “zero virgola”, mentre un identico leggero incremento è previsto già per il prossimo anno».
Ma nell’arco di 6 anni il trend negativo risulta piuttosto netto: nel 2008, la percentuale di coloro che nel 2005 avevano firmato per destinare l’8 per mille alla chiesa cattolica era risultata dell’89,92%, quasi 8 punti in più rispetto ad oggi.
È bene ricordare che queste percentuali non sono assolute, ma si riferiscono solo a coloro che esprimono una preferenza di destinazione dell’8 per mille, ovvero meno la metà di tutti i contribuenti italiani: mediamente, a firmare per una delle confessioni religiose o per lo Stato sono il 45% dei contribuenti italiani; gli altri – ovvero il 55% – non scelgono, lasciano la casella in bianco, ma versano ugualmente l’8 per mille del loro Irpef, che viene attribuito in proporzione alle scelte espresse dagli altri.
Quindi, per quanto riguarda il 2013, la chiesa cattolica ha ottenuto l’82,01% delle preferenze di coloro che hanno scelto una destinazione per l’8 per mille – corrispondenti a meno del 40% del totale dei contribuenti del 2010 – ed ha incassato non solo l’82,01% dell’8 per mille di chi ha scelto, ma anche l’82,01% dell’8 per mille di chi ha lasciato la casella in bianco, aumentando così l’introito di più del doppio di quanto avrebbe percepito sulla base solo delle scelte espresse.
Nel corso dell’Assemblea generale della Conferenza episcopale italiana dello scorso 20-24 maggio, i vescovi hanno approvato la ripartizione delle somme incassate nel 2013 sui redditi del 2010, riconfermando sostanzialmente le scelte operate negli ultimi anni: una piccola quota per gli «interventi caritativi» in Italia e all’estero, tutto il resto per sostentamento del clero, attività di culto e pastorale, edilizia e costruzione di nuove chiese.
Alla Chiesa cattolica è andato complessivamente 1 miliardo e 32 milioni di euro (nel 2012 l’incasso raggiunse la cifra record di 1 miliardo e 148 milioni).
Ad «esigenze di culto e pastorale» sono stati destinati oltre 420 milioni di euro (lo scorso anno erano quasi 480), ovvero il 40%, di cui 156 milioni alle diocesi per culto e pastorale, 183 per l’edilizia di culto (122,5 per le nuove chiese; 60,5 per la tutela dei beni culturali ecclesiastici), 26 milioni per la catechesi, 12 milioni per i tribunali ecclesiastici regionali e 43 milioni per non ben specificate «esigenze di rilievo nazionale».
Il 37% dei fondi, pari a 382 milioni di euro, è destinato al sostentamento del clero (con un incremento di quasi 20 milioni rispetto al 2012, quando ne vennero destinati 363).
Per gli interventi caritativi – protagonisti assoluti delle campagne pubblicitarie pro 8 per mille – rimangono 240 milioni di euro (il 23%), 15 in meno dello scorso anno, così suddivisi: 125 milioni alle diocesi, 85 per il Terzo mondo e 30 per esigenze di rilievo nazionale.
Luca Kocci
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