Lo Stato e la chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani.
La laicità, come principio costitutivo dello Stato democratico, è il dna della Costituzione.
Come scrive Stefano Rodotà nel libro Perché laico (Laterza).
Certo, l’articolo 7 e il concordato di Craxi sono un vulnus del quale il Vaticano ha approfittato per imporre a tutti i suoi valori non negoziabili.
Nonostante la laicità, intesa come libertà di pensiero e di espressione (art. 21), piena e autonoma realizzazione della persona umana (art. 3) sia inscritta nella trama di valori costituzionali.
La Corte Costituzionale l’ha ricordato con la sentenza n. 203 del 1989, che riconosce la laicità come uno dei principi supremi dello Stato.
La Consulta ha stabilito anche che i principi supremi della Carta non possono essere sottoposti a revisione costituzionale, in quanto sono la sostanza del nostro Stato.
«Oggi mettere in discussione il principio di laicità è eversivo perché siamo su un terreno sul quale neppure la revisione costituzionale formale può essere ammessa», ha commentato Rodotà.
Intanto, però, politici genuflessi al Vaticano ci hanno imposto norme fondate sul dogma come la Legge 40/2004 che, contro ogni evidenza scientifica (e in contrasto con la 194) equipara embrione e persona.
Mentre il ddl sul fine vita considera quest’ultima come “valore non disponibile”, anche in caso di malattia terminale.
Simona Maggiorelli
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