Dubbi e sospetti sui lavori della commissione che ha giudicato gli aspiranti professori universitari di Storia del cristianesimo e Storia della chiesa, tanto che il senatore Paolo Corsini (Partito democratico), in un’interrogazione parlamentare alla ministra di Istruzione, Università e Ricerca, Maria Chiara Carrozza, depositata lo scorso 8 gennaio, chiede di valutare la possibilità di annullare il concorso e di «aprire un’inchiesta sul censurabile comportamento dei commissari».
I rilievi mossi ai cinque commissari nella lunga e dettagliata interrogazione sono pesanti: incompetenza, contraddittorietà, parzialità, superficialità. L’impressione complessiva è che in diversi casi le conclusioni della commissione siano state scritte prima dell’espletamento delle procedure concorsuali, e in base a criteri diversi da quelli della competenza dei candidati, molti dei quali, va precisato, svolgono attività didattica o insegnano già da molti anni in università statali – pur non essendo inquadrati come professori ordinari o associati – o pontificie. Questa selezione non aveva lo scopo di assegnare cattedre, ma di attribuire un’abilitazione (come professore di I o di II fascia), titolo necessario per partecipare ai successivi concorsi a cattedre.
Il primo punto dolente è a monte, ovvero l’incompetenza della commissione. Non essendoci infatti, fra tutte le università italiane, un numero sufficiente di professori ordinari, i settori concorsuali di Storia del cristianesimo e Storia della chiesa sono stati accorpati ad altri ambiti – Scienze del libro e del documento – che poco avevano a che fare con le discipline storico-religiose. La commissione giudicatrice però, invece di essere “mista”, è risultata composta solo da docenti di Storia del libro e dell’editoria, di Bibliografia e Biblioteconomia (Roberto Barbieri, della Cattolica di Milano), Storia del libro manoscritto (Marilena Maniaci, Università di Cassino) e di Paloegrafia (Luisa Miglio, Università “La Sapienza” di Roma, Fabio Troncarelli, Università della Tuscia), eccezion fatta per il commissario straniero – previsto dal bando –, Francisco Diez de Velasco, docente di Storia delle religioni all’Università de La Laguna, nelle isole Canarie (che tuttavia pareva poco competente per altri motivi: una conoscenza approssimativa della lingua italiana, tanto che alla ministra si chiede di «verificare l’adeguata conoscenza della lingua italiana da parte del commissario spagnolo per accertare se egli era in grado di leggere testi scientifici in lingua italiana e relativi a discipline del tutto estranee alla sua attività accademica dal momento che mostra di non essere in grado di formulare giudizi in lingua italiana»). Il risultato è stato che la valutazione delle pubblicazioni scientifiche dei candidati su un ambito specifico come la Storia della chiesa e del cristianesimo è stata assegnata da docenti che nessuna competenza avevano in quel settore, come dimostrano, per esempio, sia gli evidenti errori nell’uso del lessico ecclesiale ed ecclesiastico (gli «istituti religiosi» vengono tutti indifferentemente chiamati «congregazioni monastiche»), sia la scarsa conoscenza della produzione e del panorama editoriale del settore, tanto che importanti collane di storia del cristianesimo, di rilevanza nazionale, i cui testi sono adottati in diverse università italiane e con comitati scientifici composti dai più autorevoli studiosi del settore, vengono declassate a collane a «diffusione locale».
Il secondo aspetto su cui l’interrogazione insiste è l’assoluta discrezionalità, ben oltre i limiti dell’arbitrio, adottata dalla commissione: in molti casi, nella valutazioni dei titoli dei candidati, sono stati ignorati del tutto i criteri stabiliti dal bando nazionale, sostituiti da altri criteri – talvolta piuttosto discutibili – introdotti dalla commissione stessa. Con l’esito che sono stati esclusi candidati che soddisfacevano pienamente i criteri formulati dal Ministero, ma non quelli della commissione, e viceversa. «I criteri aggiuntivi stabiliti dalla commissione appaiono addirittura aver preso il sopravvento nei giudizi finali sulle mediane (i criteri ministeriali nazionali, ndr) facendoli diventare di fatto decisivi, lasciando campo libero all’arbitrio da parte dei commissari che contraddittoriamente li applicano in alcuni casi e non li usano in altri», si legge nell’interrogazione. «Da un’analisi approfondita dei risultati appaiono numerosissime e gravi incongruenze tali da pregiudicare fortemente la bontà della procedura, la qualità dei giudizi espressi, le stesse abilitazioni riconosciute e quelle negate.
Infine la grande fretta con cui la commissione ha agito. Per la valutazione dei curricula e la stesura dei giudizi finali di oltre 430 candidati (111 per la I fascia, 323 per la II) sono state impiegate poche ore, ovvero un tempo di circa due minuti ognuno, come risulta dai verbali della commissione in cui sono riportati orari di inizio e di fine dei lavori di ciascuna seduta. Un tempo così breve da consentire, in più di un caso, a malapena la lettura dei titoli delle pubblicazioni. E infatti, si legge nell’interrogazione, i giudizi analitici dei singoli commissari «si segnalano per estrema concisione (due o tre righe per complessivi 200-300 caratteri spazi compresi!) e genericità, per ripetitività di modelli-tipo» – spesso «un unico calco dal quale derivano centinaia di giudizi che mutano soltanto qualche aggettivo» – «per la totale assenza di motivazioni e soprattutto per l’assenza di valutazioni sulle singole pubblicazioni, mentre i giudizi finali appaiono rabberciati, ispirati ad alcuni modelli-tipo e complessivamente non motivati e non supportati da una analisi puntale delle pubblicazioni». Quindi, Corsini chiede alla ministra Carrozza di «intervenire con urgenza per verificare quanto qui evidenziato e procedere all'annullamento dei risultati per falsità dei verbali e incompetenza dei commissari».
Ma questo di Storia della chiesa e del cristianesimo non è l’unico caso controverso: un’analoga interrogazione parlamentare sarebbe in preparazione anche per il settore Storia contemporanea; mentre è emerso che tre professori di Storia medievale avrebbero “gonfiato” i propri curricula per poter far parte della commissione che ha giudicato gli aspiranti docenti in quel settore.
Luca Kocci
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