Niente elezione diretta. Il presidente della Conferenza episcopale italiana continuerà ad essere scelto dal papa. I vescovi hanno respinto la proposta di Bergoglio, che voleva che il presidente della Cei fosse eletto democraticamente dai vescovi – come avviene in tutte le conferenze del mondo –, e hanno confermato lo statuto vigente: lo sceglierà il papa.
Unico emendamento ammesso: una rosa dei nomi abbastanza ampia, una «quindicina», all’interno del quale il pontefice individuerà il presidente, quindi con un largo margine di discrezionalità. Il sistema che si potrebbe configurare è una sorta di “doppio turno”: prima «una consultazione riservata di tutti i singoli vescovi»; poi eventualmente un secondo passaggio «nel quale l’assemblea generale verrebbe chiamata a esprimere la propria preferenza su una quindicina di nomi, corrispondenti ai candidati maggiormente segnalati». Ha prevalso quindi una mediazione fra la “soluzione democratica” – suggerita da Bergoglio – e quella di chi voleva che nulla fosse modificato.
All’ordine del giorno del Consiglio permanente c’erano anche altre questioni, a cominciare dall’approvazione del testo definitivo delle linee-guida antipedofilia della Chiesa italiana. Il punto maggiormente controverso riguardava il nodo dell’obbligatorietà della denuncia alle autorità civili dei preti pedofili. Non era prevista nella prima stesura, e non è presente nemmeno nella versione finale, che verrà resa nota nelle prossime settimane, dopo il placet della Congregazione per la dottrina della fede. «Il vescovo non è un pubblico ufficiale che deve fare la denuncia», ha spiegato il neo segretario della Cei, mons. Galantino. «Non deve difendere il prete o la vittima, ma deve impegnarsi a far emergere la verità, nel suo ambito, che non è quello giudiziario. Quando saranno pubblicate – assicura – vedrete che i vescovi sono dalla parte delle vittime, anche se non escludono che possano esservi a volte false accuse e che in quel caso bisogna tutelare l'accusato: è successo anche che un prete si togliesse la vita per essere stato accusato ingiustamente, e poi si è scoperto che non era colpevole».
Mons. Galantino ha fornito anche qualche dato – piuttosto generico – sulla consultazione mondiale promossa dalla Santa sede in vista del Sinodo sulla famiglia in programma ad ottobre. Al questionario rivolto a tutti i fedeli che conteneva anche domande su temi “caldi” come divorziati risposati, contraccezione e coppie di fatto etero ed omosessuali hanno risposto 170 diocesi su 226 (ma nulla viene detto sul livello di partecipazione popolare all’interno delle diocesi) e, spiega, nella stragrande maggioranza delle risposte «prevale la difesa della famiglia tradizionale formata da un uomo ed una donna uniti in matrimonio». Viene manifestato «il desiderio di trovare nel Sinodo indicazioni capaci di sollecitare un rinnovato annuncio del Vangelo del matrimonio e della famiglia, a fronte di problematiche che in maniera sempre più invasiva tendono a scardinare dal punto di vista antropologico i fondamenti della famiglia». Insomma i vescovi italiani non prevedono aperture su questioni come unioni civili e comunione ai divorziati riposati. Ma l’ultima parola toccherà al Sinodo.
Luca Kocci
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