Quella italiana è una secolarizzazione anomala: 75 cittadini si 100 si definiscono cattolici, ma fra loro solo 22 si ritengono «decisamente praticanti» e addirittura 36 pensano che «si possa vivere bene anche senza dio». Dalla parte opposta, appena l’11% dei non cattolici coerentemente non ha fatto o non farà «sicuramente» battezzare i propri figli, mentre ben il 61% lo ha già fatto oppure ha intenzione di celebrare il battesimo in chiesa.
L’immagine non è tanto quella di una popolazione “schizofrenica”, ma di una religiosità più formale che sostanziale, frutto di una tradizione plurisecolare ed effetto di un cattolicesimo vissuto più come elemento sociale e culturale che come profonda esperienza di fede. «C’è un’accettazione superficiale del cattolicesimo che viene quasi dato per scontato», spiega al manifesto il sociologo Marzo Marzano, per il quale questa dinamica è causata anche dall’assenza di un vero pluralismo religioso in Italia, dove vige una sorta di «sistema monopolistico. Se fossero presenti delle alternative, gli italiani prenderebbero più sul serio la scelta di diventare o anche solo dichiararsi cattolici», aggiunge Marzano, le cui tesi sono ben argomentate in alcuni suoi recenti volumi come Missione impossibile. La riconquista cattolica della sfera pubblica (Il Mulino) e Quel che resta dei cattolici (Feltrinelli).
I dati emergono da un’indagine demoscopica sui temi della religiosità e dell’ateismo che l’Associazione UAER (Unione Atei Emancipati Razionalisti) ha commissionato all’istituto Doxa. I valori generali: il 55% degli italiani si definisce cattolico, il 10% credente senza riferimenti religiosi, il 5% credente in altra religione e il rimanente 30% ateo o agnostico. Scomponendo i numeri, si notano quasi “due Italie”: i cattolici sono più diffusi tra le donne, gli over 54 e nelle regioni del sud; mentre i credenti in altre fedi e gli atei sono maggioritari fra gli uomini, i più giovani e al nord. E la maggior parte degli italiani (il 62%) ritiene che i dogmi e i precetti della Chiesa cattolica condizionino molto (16%) o abbastanza (46%) la vita delle persone.
La ricerca rivela invece dettagli interessanti su alcuni punti solitamente poco analizzati. Una domanda in particolare chiedeva quanto fosse condivisa l’attuale modalità – prevista dalla legislazione vigente – di insegnamento della religione cattolica nelle scuole, ovvero con i docenti scelti dal vescovo diocesano ma retribuiti dalla Stato, come tutti gli altri insegnanti: la maggioranza della popolazione, il 74%, è in disaccordo con tale sistema (46% «per nulla d’accordo», 28% «poco d’accordo»). Il 16% approva, ma solo un risicato 10% è «molto d’accordo», mentre il 28% si limita ad essere «abbastanza d’accordo» (l’8% «non sa»). L’opposizione all’ora di religione è ovviamente molto più alta fra atei ed agnostici (circa l’80%), ma vince anche tra gli stessi cattolici: 68% contrari, contro 24% favorevoli (l’8% «non sa»).
Un dato però che confligge nettamente con la percentuale di studenti che nelle scuole sceglie di frequentare l’ora di religione: in media l’89,3% – con punte del 93% alla scuola primaria mentre alle superiori la partecipazione è dell’83% – secondo quanto riporta il Rapporto sull’analfabetismo religioso in Italia curato da Alberto Melloni (Il Mulino). Ma è un conflitto solo apparente, perché la scelta di avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica, che nella maggior parte dei casi viene effettuata dalle famiglie soprattutto per gli alunni più piccoli, è indice di quella adesione formale o tradizionale al cattolicesimo, anche per evitare ai propri figli, soprattutto nei piccoli centri, di essere bollati come “diversi” e magari messi ai margini o quantomeno guardati “con sospetto”. Una dinamica analoga del resto si verifica anche per il battesimo, visto che oltre il 60% dei non cattolici sceglie di battezzare comunque i propri figli.
Luka Cocci
Scrivi commento
Nu (sabato, 25 ottobre 2014 16:59)
E' vero, solo per tradizione. Ma non è poco. Siamo riusciti comunque a dare una forma alla società. Anche se adesso tutto sembra scricchiolare.
Osservo attento il passaggio ad una fase tardocattolica
R. (martedì, 13 gennaio 2015 10:41)
Beh, le religioni codificate vivono per default di tradizione. Se un giorno sparissero tutti i riferimenti scritti o audiovisivi, non ne sentiremmo più parlare.