Acque ancora molto agitate nella chiesa cattolica. Il mese scorso l’arresto in Vaticano da parte della gendarmeria pontificia dell’ex nunzio apostolico Józef Wesołowski, con l’accusa di abusi sessuali su minori e possesso di materiale pedopornografico. Poi la notizia che papa Francesco ha disposto la rimozione dal suo incarico del vescovo della diocesi di Ciudad del Este, in Paraguay, monsignor Rogelio Ricardo Livieres Plano, importante esponente dell’Opus Dei.
La decisione del papa è stata immediatamente collegata ad una vicenda di pedofilia, di cui Livieres è protagonista solo indiretto: avrebbe infatti coperto un prete argentino – quindi presumibilmente ben noto a Bergoglio –, don Carlos Urrutigoity, vicario generale della diocesi di Ciudad fino allo scorso mese di luglio, accusato di aver compiuto abusi sessuali su minori quando si trovava negli Stati Uniti, diversi anni fa, prima di essere allontanato, trasferito in Paraguay e “incardinato” a Ciudad, come più volte è capitato per proteggere presunti o reali preti pedofili (secondo alcune indiscrezioni, che però la diocesi bolla come calunnie, anche grazie ai favori di autorevoli cardinali del Vaticano); Francesco quindi avrebbe rimosso Livieres a causa per le sue omissioni.
Tuttavia nella nota della sala stampa della santa sede che comunica la misura presa dal pontefice non si fa riferimento a questa vicenda, ma solo ai profondi contrasti interni alla diocesi fino a ieri guidata da Livieres ed ora affidata ad un amministratore apostolico – una sorta di commissario –, monsignor Ricardo Jorge Valenzuela Ríos, vescovo di Villarrica del Espíritu Santo. «La gravosa decisione della santa sede, ponderata da serie ragioni pastorali, è ispirata al bene maggiore dell’unità della chiesa di Ciudad del Este e alla comunione episcopale in Paraguay», si legge nel comunicato vaticano. Il papa «chiede al clero e a tutto il popolo di dio di Ciudad del Este di voler accogliere i provvedimenti della santa sede con spirito di obbedienza, docilità e animo disarmato, guidato dalla fede» e «invita l’intera chiesa paraguayana, guidata dai suoi pastori, ad un serio processo di riconciliazione e superamento di qualsiasi faziosità e discordia, perché non sia ferito il volto dell’unica chiesa».
C’entra quindi la pedofilia nella decisione di Bergoglio, sebbene con il paradosso – o la contraddizione – che Urrutigoity, il presunto prete pedofilo, non è più vicario della diocesi, ma non è stato sospeso e continua ad esercitare il proprio ministero. Ma c’entra soprattutto il clima di veleni che da anni affligge la chiesa paraguayana e la diocesi di Ciudad del Este, tanto che il papa nello scorso mese di luglio vi ha inviato un proprio fedelissimo, il cardinale spagnolo Santos Abril y Castelló, per una visita apostolica, ovvero un’ispezione.
Da mesi infatti è in atto un duro scontro fra l’opusdeista Liveres e l’arcivescovo di Asuncion, Pastor Cuquejo. Quest’ultimo, tempo fa, chiese che fosse aperta un’inchiesta su don Urrutigoity; per tutta risposta Liveres, in un’intervista televisiva, accusò Cuquejo di essere omosessuale. Ma c’è dell’altro. Liveres è accusato di una cattiva gestione economica e pastorale della diocesi di Ciudad. Nonché di aver spaccato la chiesa paraguayana, accusando buona parte del suoi confratelli preti e vescovi – fra cui l’ex vescovo ed ex presidente della Repubblica Fernando Lugo, destituito nel 2012 – di «disordine dottrinale» perché troppo vicini alla teologia della liberazione.
Vicende torbide e intricate, nelle quali la questione pedofilia è solo un aspetto. La decisione del papa porrà fine ai veleni, forse.
Luka Cocci
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