I negozi di articoli religiosi e di souvenir nella zona della basilica di s. Pietro non potranno più vendere le pergamene con le benedizioni apostoliche del papa. Il “divieto” scatterà il
primo gennaio. Ad annunciarlo una lettera dell’elemosiniere del papa, mons. Konrad
Krajewski, in cui comunica agli istituti, agli enti e ai negozi che producono e vendono le pergamene per conto del Vaticano che la convenzione scadrà definitivamente il 31 dicembre 2014, «non
verrà più rinnovata né potrà usufruire di ulteriori proroghe».
Finirà così il mercato delle benedizioni a pagamento? Niente affatto. Nessuna dismissione, semplicemente il Vaticano ha deciso di gestirlo interamente in proprio, senza più appaltarlo all’esterno. Per ragioni economiche, motivate con l’intenzione di utilizzare tutti i soldi per potenziare la carità e l’assistenza ai poveri, «in modo tale che – ha scritto Krajewski nella lettera – tale servizio possa tornare come in origine esclusivamente di competenza di questo ufficio e rimanere con la sola ed unica finalità caritativa per cui è nata». Ma anche per volontà di centralizzare l’operazione pergamene, facendo piazza pulita degli intermediari.
Le pergamene da Leone XIII a Francesco
Le pergamene con la benedizione del papa per alcune occasioni particolari rigidamente definite (matrimoni e anniversari di matrimonio, battesimi, comunioni, cresime, professioni religiose, ordinazioni presbiterali e diaconali, compleanni) furono “inventate” da Leone XIII alla fine del XIX secolo «allo scopo di favorire la raccolta di fondi per le opere di carità». Vendute in tutto il mondo – oggi le pergamene sono realizzate in sette lingue: italiano, inglese, spagnolo, portoghese, francese, tedesco e polacco –, il servizio fu affidato all’Elemosineria apostolica, l’ufficio della Santa Sede con «il compito di esercitare la carità verso i poveri a nome del sommo pontefice», che a sua volta, a partire dagli anni ’50 del ‘900, lo appaltò parzialmente a decine di negozi nella zona di s. Pietro. Anche oggi basta fare un giro a piedi per via della Conciliazione, Borgo Pio e Borgo Santo Spirito per vedere sulle vetrine dei negozi di souvenir e articoli religiosi i cartelli che indicano «Benedizioni apostoliche». Nel 2013 le pergamene bollate dall’Elemosineria sono state 337mila, con un incremento del 50% rispetto al 2012 – effetto papa Francesco? –, quando furono 225mila. Di queste, 142mila sarebbero quelle vendute tramite negozi, per cui il Vaticano, al costo di 3 euro a timbro, avrebbe incamerato 426mila euro. E 195mila vendute direttamente dall’Elemosineria. L’incasso complessivo dichiarato dall’Elemosineria – che sarebbe stato interamente utilizzato per l’assistenza ai poveri – ammonta a 1milione e 200mila euro. Ma chi ha fatto i conti in tasca al Vaticano – considerando che l’Elemosineria vende le pergamene ad un prezzo fra i 13 e i 25 euro – suppone che l’introito si aggiri fra i 3 e i 4 milioni di euro.
La fabbrica delle pergamene
L’aspetto poco noto, o poco considerato, della decisione dell’Elemosineria è che da gennaio diverse centinaia di persone resteranno senza lavoro. I negozi di souvenir e di articoli religiosi vedranno sicuramente ridotto il loro giro di affari ma non chiuderanno bottega per questo, tranne quei 2-3 che vendono esclusivamente pergamene. Ma i lavoratori dell’indotto, a cominciare dai calligrafi che materialmente realizzano le pergamene, resteranno senza occupazione. Quattrocento-cinquecento persone – donne e uomini con famiglia, mutui da pagare e bollette che scadono – che saranno di fatto licenziati dal Vaticano, anche se dai Sacri palazzi non partirà nessuna lettera di cessazione del rapporto, perché non si tratta di dipendenti del papa. La filiera delle pergamene pontificie è doppia. Una interna, interamente gestita dall’Elemosineria, che produce e vende direttamente le benedizioni, anche attraverso il proprio sito internet (www.elemosineria.va). E una esterna. Il calligrafo – che lavora da solo o presso uno studio – produce la pergamena su modelli precedentemente approvati dal Vaticano (che quindi “dirige” il sistema), spendendo per carta e stampa circa 2-3 euro a pergamena. La vende poi al negozio che gliel’ha commissionata a 4-5 euro, mettendo insieme, a fine mese, uno stipendio da operaio o poco più. Il negozio porta la pergamena all’Elemosineria dove, al costo di 3 euro l’una, vi viene apposto il timbro a secco dell’ufficio e la firma dell’elemosiniere; poi la rivende al pubblico per cifre che possono variare dai 15 ai 50 euro, a seconda della grandezza e del modello della pergamena. Con la risoluzione della convenzione con l’Elemosineria, i negozi perderanno un discreto giro di introiti, e saranno costretti a licenziare e ad interrompere le collaborazioni con i calligrafi e con tutti coloro che si occupano delle pergamene – disegnatori, spedizionieri, ecc. –, i veri anelli deboli della catena. Il Vaticano al contrario, anche se presumibilmente il volume complessivo di pergamene diminuirà senza l’ausilio della rete esterna, aumenterà i propri affari, perché le venderà tutte direttamente e tramite il proprio sito, facendole produrre ad un piccolo manipolo di lavoratori ultraprecari che – rivelano alcune fonti – saranno pagati 70-80 centesimi a pergamena. Senza contare che inevitabilmente si svilupperà una sorta di “mercato nero” del sacro, con la vendita di pergamene con il bollo contraffatto – del resto avviene con le i capi di abbigliamento, perché non con le benedizioni papali – oppure di facsimili senza alcun timbro, di cui pochi si accorgeranno.
I lavoratori al papa: saremo i nuovi poveri
Qualche mese fa i lavoratori delle pergamene hanno scritto direttamente a papa Francesco per chiedere la sua «intercessione», anche alla luce delle molte parole spese da Bergoglio in difesa dei lavoratori e del lavoro. «Ci rivolgiamo alla Santità vostra, increduli», si legge, che «possiate, seppure inconsapevolmente, provocare la nostra disperazione, gettare nella povertà economica e nella precarietà diverse centinaia di famiglie e l’indotto, togliere loro il lavoro, da voi definito “decoro per le persone che ne hanno”, avallando questa scelta, che ne causa la crudele conclusione, in questo momento di durissima crisi, ancora lungi dal suo termine». Ma dal Vaticano non è arrivata risposta. Così come non è arrivata riposta alla richiesta di un’udienza privata dei lavoratori. Solo qualcuno è riuscito ad avere un incontro con mons. Krajewski, che ha ribadito la decisione già presa. L’elemosiniere del papa giustifica la sua decisione con la motivazione di avere più soldi a disposizione per aiutare i poveri, ma temo che in questo modo si creeranno solo nuovi poveri perché molti di noi perderanno il lavoro che svolgono da decenni e non sarà facile trovarne o reinventarsene un altro, tanto più che in molti non siamo più giovanissimi», spiega uno dei calligrafi che produce pergamene per i negozi. In questi giorni, all’approssimarsi della scadenza del 31 dicembre, un nuovo appello, ricordando le parole di papa Francesco all’udienza generale dello scorso 3 settembre rivolte ai dirigenti della Thyssenkrupp di Terni: «Al centro di ogni questione, anche di quella lavorativa, va sempre posta la persona e la sua dignità! Col lavoro non si gioca! E chi, per motivi di denaro, di affari, di guadagnare di più, toglie il lavoro, sappia che toglie la dignità alle persone».
Luca Kocci
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