Oggi sarà la grande giornata delle manifestazioni di sostegno a Charlie Hebdo. Io sono francese e vivo felicemente in Italia dal 2001, da pochi mesi prima dell’11 settembre, per rimanere in tema. L’Italia ormai credo di conoscerla un po’, culturalmente, mentre la Francia ce l’ho nel sangue, nel dna, sono un pezzo di questa “grandeur”, cioè metà stronzo metà bellissimo.
Da quando c’è stata la strage sono successe cose incredibili se si pensa a cos'era Charlie Hebdo: la Francia in lutto con bandiere a mezz'asta all'Elysée, la Torre Eiffel spenta, l’omaggio di Obama e della regina d’Inghilterra, del mondo. La maggior parte dei protagonisti delle copertine di Charlie, gente sfanculata in tutti i sensi, disegnata con svastiche in fronte o crocifisso nel sedere, per dire. In molti non avevano mai sentito parlare di Charlie, se non per le vignette di Maometto. Di questi molti hanno ritenuto che era dunque un giornale razzista, e magari tuttora pensano “Sì però esageravano”.
Ma cos'era Charlie, cosa rappresentava, appunto, per noi francesi?
Quando succedono catastrofi in ogni nazione ciascuno reagisce a modo suo, con le proprie armi e bagaglio culturale, e vorrei dirvi che, da francese, sono un po’ perplesso nel vedere questo diluvio di “liberté égalité fraternité” in Italia (è tardi ragazzi… in tempi meno bui mi farebbe sorridere, scusate), perché se questi terroristi hanno, certamente, attaccato la “Libertà d’espressione”, d’accordo, andrebbe però chiarito che quello che è stato massacrato il 7 gennaio 2015 a Paris è la LAICITÀ, il Graal della libertà di espressione, la culla di questo nostro “Liberté Egalité Fraternité”, la nostra quotidianità. Ma è una parola tabù in Italia, che non leggo nemmeno nei comunicati invitando oggi a partecipare a queste manifestazioni.
Da noi non ci si chiede tanto se il crocifisso dovrebbe o non dovrebbe essere presente nella scuola pubblica, nello stesso modo in cui se entro dal macellaio non mi viene in mente di chiedergli una sogliola. Semplice così, senza offendere nessuno. Questo il principio base.
Penso sia importante partecipare a queste manifestazioni, sì. Ma chi pensa che il crocifisso può o deve esser presente nella scuola pubblica potrebbe magari andarci con un crocifisso piantato nel sedere, à la Charlie. Come chi dà il proprio voto a partiti politici, recenti e non, razzisti e xenofobi (si scelga il proprio modo di presentarsi ripassando le copertine di Charlie). Per non dire della Santanché (“vorrei pubblicare Charlie in Italia”), che se avesse mai letto Charlie Hebdo, fosse solo una copertina di Charb, avrebbe fatto di tutto per farlo tacere.
Attenzione, qui non si tratta per me di pretendere sapere chi sarebbe degno o non di partecipare a tale manifestazione, non si tratta di decidere chi può essere non essere Charlie. Si tratta solo di ricordare perché Charlie era Charlie. Spero che oggi possano uscire fuori centinaia di migliaia di persone in strada, laici, cristiani, musulmani, ebrei, tutti, e che si dimentichino per qualche ora gli hashtag e i selfie. Non state andando alla Sagra della Porchetta birra media 2 euro 5 la maglia. State andando in strada per manifestare a difesa della laicità. O no?
Olivier Manchion
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