Un mese senza insegnare e senza percepire lo stipendio. È questa la sanzione che l’Ufficio scolastico regionale per l’Umbria ha inflitto a Franco Coppoli, docente dell’Istituto tecnico “Allievi – San Gallo” di Terni. La colpa dell’insegnante? Aver rimosso i crocefissi dalle aule in cui fa lezione.
Il provvedimento, comminato lo scorso 1° aprile ed entrato in vigore l’8 – alla ripresa dell’attività didattica dopo la pausa pasquale –, motiva la decisione di sospendere l’insegnante dal servizio e dallo stipendio per 30 giorni in maniera piuttosto generica, limitandosi a sostenere che il comportamento del professore costituisce «una violazione dei doveri connessi alla posizione lavorativa cui deve essere improntata l’azione e la condotta di un docente».
Già nel febbraio 2009 Coppoli venne sospeso per un mese perché toglieva il crocefisso dalla parete dell’aula in cui insegnava – allora si trattava dell’Istituto professionale “Alessandro Casagrande” di Terni –, ricollocandolo al termine della lezione. Oltre al suo ci sono stati altri casi, tutti sanzionati in maniera più o meno decisa dall'amministrazione scolastica: Luigi Girelli nel bergamasco (v. Adista Notizie nn. 13, 39, 75 e 77/05) e, solo qualche mese fa, Davide Zotti a Trieste.
«L’elemento da cui partire è la sentenza della Corte di Strasburgo del 2011 sul ricorso di una famiglia che chiedeva la rimozione del crocefisso dalla scuola elementare frequentata dal figlio, ad Abano Terme», spiega Antonia Sani, del Comitato nazionale “Scuola e Costituzione”, interpellata da Adista sulla questione. «Nel 2011 la Corte di Strasburgo sentenzia che non c’è ragione di rimuovere il crocefisso, in quanto si tratta di un “simbolo culturale” di valore universale. L’atto compiuto da Coppoli ripete quello precedente del 2009, ma nel frattempo è stata emanata la sentenza di Strasburgo, e quindi la sua azione assume un nuovo significato perché non intende riconoscere un generico valore culturale a un simbolo religioso, che come tale si trova nelle aule scolastiche. Nel provvedimento dell’Ufficio scolastico dell’Umbria non c’è alcun riferimento a Strasburgo, ma il problema è proprio quella sentenza, che andrebbe invece rimessa in discussione: perché continuare a tollerare la presenza di un simbolo religioso, non “culturale”, di una religione, che non è più religione di Stato, nelle aule di una scuola dello Stato? Dal momento che nessuna legge prevede l’obbligo di esporre il crocefisso nelle aule scolastiche – non lo prevede nemmeno il sempre citato Regio Decreto del 1924 che parlava della presenza del ritratto del re e del crocefisso – la questione allora è non chi toglie il crocefisso, ma chi decide e autorizza la sua affissione nelle scuole».
Luka Cocci
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