Il poeta romano Trilussa la chiamava “media del pollo”:
«Me spiego: da li conti che se fanno / secondo le statistiche d’adesso / risurta che te tocca un pollo all’anno: / e, se nun entra ne le spese tue, / t’entra ne la statistica lo stesso / perché c’è un antro che ne magna due».
Oggi, in ambienti cattolici, si chiama «paradosso dell’abbondanza» ed è il tema centrale del padiglione della Santa sede ad Expo 2015: i pochi che dispongono di risorse in abbondanza e che sprecano cibo o si ammalano di obesità contro i tanti – impoveriti dal sistema economico capitalista – che non hanno il minimo per sopravvivere e che muoiono di fame.
Ma sulla partecipazione del Vaticano ad Expo, con un proprio padiglione, nel mondo cattolico le opinioni sono diversificate. «La presenza della Santa sede vuole essere quasi come una sorta di spina nel fianco di questa grande platea economico-commerciale», ha dichiarato alla Radio Vaticana il cardinal Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio consiglio della Cultura e commissario generale della Santa sede per Expo. «È vero che si possono introdurre ad Expo discorsi di segno diverso, ma un padiglione in cui si parla di fame nel mondo e che è costato tre milioni di euro mi sembra una contraddizione. Rischia inoltre di essere una sorta di foglia di fico di un’esposizione funzionale al sistema. Insomma mi sarebbe sembrato più profetico non partecipare», spiega al manifesto il missionario comboniano Alex Zanotelli.
E anche sulla presenza ad Expo di molte associazioni cattoliche – fra cui la Caritas, le Acli, la Focsiv (il network delle ong cattoliche) –, perlopiù all'interno di Cascina Triulza, il padiglione della società civile, i pareri sono discordanti, fra chi ritiene che si tratti di un’occasione per portare contenuti “fuori dal coro” e chi invece segnala i rischi di legittimare Expo. Ne sa qualcosa l’Agesci, l’associazione degli scout cattolici, che dentro Cascina Triulza presenta un progetto realizzato con tutta la Federazione italiana dello scoutismo (“Educare: energia per la vita”) e che nelle settimane scorse ha dovuto fare i conti con una lettera aperta sottoscritta da qualche centinaio di scout che chiedeva – fuori tempo massimo, perché l’adesione di Agesci risale a diversi mesi fa – di «ritirare l’adesione di Agesci a Expo 2015» perché in profonda contraddizione con i valori dello scoutismo.
La partecipazione della Santa sede ad un’esposizione universale non è una novità. La prima volta fu addirittura nel 1851, a Londra, per la Great exhibition of the works of industry of all nations. L’allora Stato pontificio replicò 4 anni dopo, nel 1855, a Parigi. Nel 1862, poi, nell’Esposizione internazionale di Londra, il Vaticano ottenne anche un premio per una macchina iconografica per i rilievi topografici della catacombe romane. E la Santa sede sarà presente anche nelle successive esposizioni: da quelle di Parigi del 1889 (durante la quale venne inaugurata la Torre Eiffel) e del 1937 (in cui, nel padiglione spagnolo, fu esposta per la prima volta Guernica di Picasso), a quella di Bruxelles del 1958 con il grandioso padiglione Civitas Dei fortemente voluto da papa Pio XII – il pontefice che più di tutti investì nelle esposizioni di cui riconosceva il valore di “vetrina internazionale” – a quella di New York del 1964, dove venne esposta la Pietà di Michelangelo, che per la prima volta lasciò San Pietro.
Il Vaticano ad Expo 2015 è stato introdotto direttamente da papa Francesco che lo scorso 1 maggio è intervenuto all'inaugurazione in collegamento video da Roma. «“Nutrire il pianeta, energia per la vita” è un tema importante, purché non resti solo un tema», ha detto Bergoglio, parlando del «paradosso dell’abbondanza», tema centrale tradotto “plasticamente” nel padiglione della Santa sede, illustrato da Ravasi: «Al centro c’è un grande tavolo interattivo che vuole rappresentare il mondo: ad un estremo ci siamo noi, il Nord del mondo, che ha beni in abbondanza, e dall’altra parte invece c’è una massa molto maggiore che deve accontentarsi soltanto di briciole». È la denuncia del fallimento della teoria del «gocciolamento» o della «ricaduta favorevole» (in base alla quale i poveri dovrebbero accontentarsi di raccogliere «le briciole che cadono dalla tavola dei ricchi»), stigmatizzata anche da papa Francesco nella Evangelii gaudium, secondo cui «l’inequità è la radice dei mali sociali». E dal pontefice si attende un nuovo intervento (magisteriale stavolta) nei prossimi giorni, quando dovrebbe uscire l’enciclica dedicata all’ambiente e al bene comune che, secondo le indiscrezioni, dovrebbe avere per titolo Laudato sii, ovvero le parole iniziali del Cantico di frate sole di Francesco d’Assisi.
Ma nel percorso e nell'attivismo della Chiesa non mancano le contraddizioni, come spiega al manifesto padre Zanotelli: «Con il Concilio Vaticano II e soprattutto con la Populorum progessio di Paolo VI la Chiesa ha fatto dei passi avanti. Ma papa Wojtyla, che pure parlò di “strutture di peccato”, non è stato capace di cogliere la novità della Teologia della liberazione, anzi l’ha soffocata. Con Francesco mi sembra che si sia cambiata direzione, ma ora le affermazioni di principio devono diventare, soprattutto da parte delle Chiese ricche del nord del mondo, comportamenti e azioni concrete sul piano sociale, economico e politico. Perché il “paradosso dell’abbondanza” non è una contingenza, ma l’essenza stessa del sistema economico capitalistico che governa il mondo. Ed Expo, compresa la Carta di Milano che critica gli sprechi ma non mette minimamente in discussione il sistema, non è altro che la vetrina di questo sistema».
Luka Cocci
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