L'antropologia delle religioni è quella parte dell'antropologia che si occupa dei sistemi religiosi.
Di solito si pensa alla religione come un insieme di credenze immateriali, ma l'antropologia studia la religione dal punto di vista prettamente pratico.
Questo significa che si occupa solo relativamente delle credenze espresse più o meno esplicitamente e dei dogmi (le credenze non possono essere osservate), mentre focalizza la sua attenzione sull'effettiva azione dell'uomo in carne e ossa, sulla prassi.
Si parla di religione quando una credenza è condivisa da un gruppo che la esteriorizza in un insieme di pratiche.
L'antropologia guarda alla religione più come ad un bisogno sociale che individuale, questa branca in particolare della disciplina si occupa di capire come i sistemi religiosi effettivamente agiscano e funzionino all'interno della società, e quali funzioni assolvano.
Un sistema religioso è la realtà dei comportamenti assunti che si compone di:
La pratica religiosa più evidente e che di solito è oggetto di interesse antropologico è il rituale.
Il rituale è una performance comunitaria con variazioni personali e contestuali più o meno evidenti, ma che si basa comunque su di un'ossatura relativamente stabile e stereotipata di gesti e azioni.
Il rituale deve essere trasformativo, deve cioè essere un'azione efficace che induce cioè un cambio di status sociale.
Se si definisce rito qualcosa che non ha effetti trasformativi sulla realtà si sta semplicemente parlando di un'abitudine, la pratica rituale deve sempre essere costruttiva.
Il rituale deve essere:
Nel rituale la religione ha una sua forte manifestazione che con un certo impatto culturale offre un momento di radicale esplicazione.